CDbox Reformed Faction - I am the source of light, i am not a mirror (Soleilmoon, 2009)
Album triplo per i due ex Zoviet France Robin Storey e Mark Spybey, che tre inverni or sono, circondati da vecchi dischi dei 70s e rispolverando anche strumenti tradizionali, trovarono ispirazione per questo lavoro mastodontico con movenze kraute tra contaminazioni industriali e rock-sperimentali a largo raggio. Difficile descrivere un'opera di tale libertà e portata, un riportare tutto a casa attingente da 40 anni di musica. Il contenitore metallico, proveniente da uno stock abbandonato nei pressi del deserto del Thar tra India e Pakistan, con le sue incrostazioni sabbiose che rimangono sulle mani sembra un reperto archeologico inquietante, scrigno contenente codici linguistico-musicali di culture che si credevano scomparse, integrate dal soviet-artwork dell'artista concettuale tedesca Ira Tannhauser. I 3 cd, pur avendo un similare approccio sonoro improntato al collage, nella loro rispettiva oretta di durata presentano differenti peculiarità, a iniziare dall'impressione che ognuno di essi rappresenti un decennio, dai 70s ai 90s. Nel primo vige un'aura ambientale, dalla quale si dipanano tocchi orientali, droni dilatati in brevi stacchi cosmici o di stralunato free jazz industriale, sequenze immaginifiche colme di pathos che rimandano agli stessi ZF con impalcature tra Faust e Popul Vuh, bozzetti experimental-wave qui e là. Nel secondo cd fanno capolino anche i ritmi, soluzioni memori di Cabaret Voltaire tra influssi Muslimgauze, Psychic Tv e soci, ritualismi vari ed eventuali, prog destrutturato in mille pezzi fra corollari elettronici avant, e via di questo passo, passando per storpiature pseudofolk e noise, fino al quarto d'ora di "I am not a mirror", ibrido electro che nel suo trip sembra un volo di falco sopra gli 80s. Il terzo cd, con slipcase gialla, mostra invece un lato elettronico più "moderno", dub, pulsazioni post-rave, giapponesate assortite, post-rock mistificato, ultimi Sigillum-S, un incrocio di culture bianco-giallo-nere filo conduttore della musica contemporanea, un'epopea metropolitana in bilico tra tensione e squarci di luce malata (notabile in questo senso il cyber-post-rock di "We are Graen"). Così quando arriva "Above my head i hear music in the air", con quella malinconia scozzese nell'aere tra mutazioni orrorifiche e code Rapoon, un brivido solca la schiena. Insomma, questo triplo è una delle opere più belle che abbia mai sentito, tanto che alla fine riascoltandolo e girandoci intorno come un troglodita col monolite, mi era venuto il proverbiale dubbio: sogno o son desto? Stando ai crediti, a parte qualche intervento esterno, è tutta farina del loro sacco. Un manifesto di come si possa essere grandi e inventivi musicisti senza essere tecnicamente degli strumentisti mostruosi. Il box contiene anche patch & pin d'ordinanza.
soleilmoon